Sequestro beni ai familiari di La Cascia ritenuto il "campiere" di Messina Denaro

Sequestro di beni dell’impresa agricola gestita dalla moglie di Vincenzo La Cascia. In particolare la misura patrimoniale ha colpito fondi rustici coltivati ad uliveti in agro di Castelvetrano, Contrada Latomie, il cui valore è complessivamente quantificabile in circa 300.000,00 euro.

Il personale del Nuclro di Polizia Economico Finanziaria di Trapani della Finanza ha accertato una sproporzioni tra il reddito posseduto e quello dichiarato.

Secondo gli investigatori La Cascia avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella direzione della famiglia mafiosa di Campobello di

Mazara tale da determinare, nel maggio del 2018, l’emissione nei suoi confronti di ordinanza di custodia cautelare in carcere all’esito dell’operazione di polizia chiamata “Anno Zero” coordinata dalla Procura Distrettuale di Palermo.

" I presupposti soggettivi della misura di prevenzione sottolineano dal comando provinciale delle Fiamme Gialle trapanesi, sono però molto più risalenti nel tempo, in quanto dedotti in primis dalla avvenuta condanna in via definitiva del l'uomo per il reato di cui all’art.416 bis c.p. risalente al 2002, la quale accertò l’organicità di quest’ultimo a tale famiglia mafiosa già a partire dal 1998 e determinò nei suoi confronti l’ascrizione di numerosi reati-fine commessi nell’interesse di tale consorteria criminale, quali estorsione continuata, danneggiamenti e incendi dolosi".

Inoltre La Cascia avrebbe ricoperto in passato il ruolo di “campiere” per conto della famiglia Messina Denaro

nell’agro di Contrada Zangara a Castelvetrano. E sempre secondo gli investigatori sarebbero stati molti i contatti tra La Cascia e il super latitante. E La Cascia avrebbe favorito pure la latitanza di altri membri del mandamento mafioso di Castelvetrano.

Proprio in tale delicatissimo periodo storico hanno sottolineato gli investigatori, il "campiere" si sarebbe adoperato per diramare ai membri della

consorteria mafiosa gli ordini impartiti da Messina Denaro, di cui all’epoca era portavoce il fratello Salvatore, nonché nell’assicurare al mandamento mafioso il procacciamento e la custodia di armi e munizionamento idonei a mantenerne la tutela degli interessi sul territorio.

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