Funerali di Paolo Taormina, l'Arcivescovo: "Non basta operato delle Forze dell'Ordine bisogna agire insieme". Gli studenti: "Palermo ripudia la violenza"

Funerali di Paolo Taormina - Cattedrale di Palermo
Il feretro con la salma di Paolo Taormina è giunto poco dopo le 10 in Cattedrale. Tanta gente, ma anche amici del ventunenne ucciso davanti il locale di famiglia in via Spinuzza. Sul piano della cattedrale tanti striscioni anche dei ragazzi dell' Istituto Vittorio Emanuele II e numerosi gli alunni affacciati, un presidio spontaneo insieme al Regina Margherita, pronti ad applaudire l' arrivo della salma. I commercianti in segno di vicinanza hanno abbassato le saracinesche delle loro attività. Tanto dolore nei volti e tanto smarrimento. A officiare il rito è stato l' Arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice. Ecco le sue parole. "Un dolore inconsolabile. Un urlo che arriva fino al Cielo. La morte di un figlio, di un fratello, di un familiare, di un amico. È assurdo che un figlio venga rubato ai genitori, alle sorelle, ai fratelli, agli amici. Alla sua attività lavorativa. Alla comunità cittadina. Ecco, siamo qui, raccolti e chiamati da Paolo. Chiamati da questo nostro caro giovane che è stato ucciso. Chiamati dai figli di Rachele, chiamati da Abele, da tutti gli uccisi dalla violenza omicida. E non abbiamo parole. Perché di fronte al dolore abissale e inspiegabile, le parole non sono nulla. Nessuna parola in più. Solo uno sguardo a Paolo e uno sguardo alla Croce". Dopo l'Arcivescovo si rivolge alla famiglia del giovane.

"Carissima mamma Fabiola e papà Giuseppe, carissima Sofia, carissimo Mattia, carissima Desirée: non so se posso dirvi altro. Piango e con voi rivolgo al Signore la domanda terribile che urla nei vostri cuori: perché?Lo so. Anche Rachele non vuole essere consolata. Non ci sono parole che consolano. C’è un urlare assieme al Cielo. E alzando lo sguardo al Cielo incontriamo lo sguardo di Cristo in croce. Ai suoi piedi, una madre, gli amici, i vicini. E dopo aver guardato il volto di Cristo Crocifisso e di sua Madre, torniamo a guardare Paolo, a guardare voi che siete i suoi genitori, i suoi parenti, voi che siete i suoi amici. Ecco, nella disperazione, nell’urlo levato verso il cielo,c’è un filo di luce. Viene dallo sguardo di Gesù e di sua Madre Maria. Loro sono con voi. E dalla Croce e da Maria viene una parola. È lei a dirvi: «Sono con voi. Con voi mamma Fabiola e papà Giuseppe, con voi carissimi Sofia e Mattia, con voi suoi parenti e suoi amici. Sono con voi per dirvi che Paolo non è scomparso, non è finito nel nulla. Certo, pur invisibile, egli continua a vivere in modo cocente e straziato nei vostri cuori, ma sappiate che egli vive anche nel cuore di Cristo". 

L' Arcivescovo si sofferma sul fenomeno della violenza e che nessuna motivazione rende legittima l'uccisione di un uomo.

" E piangendo per Paolo piangiamo per tutti i morti, uccisi dalle guerre, dalla mafia, dalla violenza, dal narcisismo delirante, dal culto della forza virile. È il sangue di Abele che scorre. 

È il grido, che continua a risuonare: Non uccidete Abele! Perché Abele, figura del Cristo, è l’innocente, ucciso prima di ogni gesto e di ogni consapevolezza. La giustizia deve fare il proprio corso, in quanto la realtà dei fatti va appurata, rispettatae chiamata per nome. Ma scacciamo dal nostro cuore la voglia di uccidere Caino. La cattiveria e la violenza non giustificano nessuna risposta altrettanto violenta. Vale per la nostra Palermo e vale per la Casa Comune, la Terra sulla quale dobbiamo vivere sempre come ospiti e mai come proprietari. Il riscatto non verrà da altra violenza, ma dal levarsi del desiderio di pace e di giustizia nella vita e nel cuore dei Palermitani". 

E conclude:" Figlie, Figli miei amatissimi, Amici, Amiche: non sono gli eserciti, non sono le forze di polizia, col loro pur encomiabile servizio, a cui siamo gratissimi, che potranno estirpare la violenza omicida. Possiamo essere solo noi, insieme. Può essere solo Palermo tutta a mettere  fine alla spirale della violenza, attingendo alle sue energie interiori, alla sua storia, alla sua umanità. Come scrivevamo con il carissimo Arcivescovo di Monreale, mons. Gualtiero Isacchi: «Non si tratta solamente di presidiare e mettere a soqquadro i quartieri a rischio o i luoghi della movida, bensì di essere presenti tutti e insieme, a cominciare dalle Istituzioni civili, militari, scolastiche, religiose, con una ‘politica’ della cura dei cittadini più fragili. 

Fragili per mancata equa destinazione di beni (lavoro, casa, pane), per accesso alla cultura, per opportunità occupazionali e di crescita umana e spirituale. Essere presenti nelle vicende lieti e tristi che si vivono nelle case, nelle strade, nei quartieri. Abbiamo bisogno di rivedere le nostre politiche sociali, urbanistiche, di sviluppo culturale ed economico. Le nostre scelte religiose che tradiscono Dio e il suo sogno se restano prigioniere dei luoghi di culto e delle sacrestie».Ecco allora il senso del nostro essere qui oggi, a celebrare l’Eucaristia con Paolo. Con voi suoi cari congiunti. Prima di tutto il silenzio. Di fronte allo stermino del dolore. 

Non lasciamo che a vincere sia il demone della violenza. Il suo frutto avvelenato è morte che si espande. Basta violenza. Basta uccisioni. La morte, se non è ospitata da un grembo di accoglienza e di perdono, genera altra morte. Perché solo l’amore dà senso alla vita. E solo l’amore di Dio, e dei suoi genitori, continua a dare vita aPaolo.

Torniamo a educare, a coinvolgerci, a costruire relazioni, a impiegare energie per ritrovare un senso comunitario della vita. A visioni di governo delle Città – di questa nostra tormentata città di Palermo – nel segno dell’umanità e con uno sguardo dal basso: serviamo la vita. Ogni vita è sacra, ogni volto è il centro della Città, destinatario di attenzione e cura. Io, cari Giuseppe, Fabiola, Sofia e Mattia, a nome di tutta la Chiesa di Palermo, rimango in preghiera e vi avvolgo nel mio paterno e fraterno abbraccio".

Nessun commento:

Posta un commento