“scoperte” archeologiche della Grotta dell’Ucciria


 Già note le “scoperte” archeologiche della Grotta dell’Ucciria a Favignana divulgate nelle scorse ore come ritrovamenti eccezionali.
             Le notizie, diramate nelle scorse ore, in merito al ritrovamento di disegni preistorici di uomini e animali, risalenti verosimilmente all'età del rame, a Favignana, nelle grotte dell'Ucciria, hanno suscitato la necessità di un rapido intervento del sindaco dell’isola, Lucio Antinoro, che, dopo aver consultato un’equipe di archeologi per una consulenza al Comune in materia,dichiara:<I dipinti della grotta dell’Ucciria di Favignana sono ben noti da decenni, sia dal Comune di Favignana che dalla Soprintendenza di Trapani, che è responsabile del sito e vi ha apposto il vincolo archeologico. Nessuna novità quindi, ma in ogni caso aspettiamo che la stessa Soprintendenza chiarisca i termini della questione, che non è certo come è stata rappresentata dal Professor Torre, in un pessimo esordio politico>.
            Questo, nel dettaglio, il resoconto archeologico-bibliografico degli studi condotti ad oggi sul sito archeologico delle grottedella Montagna Grossa, all’Isola di Favignana, che dimostrerebbe come le “scoperte” in oggetto risalgono in realtà al 1968.
Le prime osservazioni relative alle grotte della Montagna Grossa, fra cui quelle di “Ucciria” ( G. Mannino, in Agorà n°38/2011)risalgono al 1870 effettuate dal Marchese G. Dalla Rosa. Come riferisce Dalla Rosa: “…Segue appresso quella dell’Ucciria la quale ha due entrate poste ad angolo retto, e separate da un grosso pilastro. Nulla vi ha di più pittoresco di quella grotta…scopersi che tutto il deposito costituente il primitivo strato della grotta era stato levato, e solo ne esisteva…” Nel riempimento residuo Dalla Rosa raccolse molluschi terrestri e marini, frammenti ossei di Cervus elaphus, Sus scropha, Equus caballus e qualche osso umano (Dalla Rosa, 1870).
Col nome “Ucceria”, come ricorda G. Mannino, s’intendono due cavità adiacenti: la prima con due ingressi, rivolti a nord,  ed uno sviluppo di complessivi 30 metri circa, la seconda anch’essacon ingresso rivolto a nord e uno sviluppo di circa 25 metri. Dalla Rosa inoltre, la trovò utilizzata come stalla e probabilmente fu la ragione delle mancate osservazioni. La chiamò Grotta di lu cervu (del cervo). Il nome probabilmente venne suggerito dalla presenza di quest’animale nei dintorni, ad avvalorare ciò vi è anche il toponimo “Portella Cervo” zona situata nei pressi della Montagna Grossa.
Nel 1968, dietro incarico del Soprintendente Prof. V. Tusa, G. Mannino fu incaricato di effettuare sopralluoghi nell’Isola di Favignana.Tale impulso alle ricerche fu dato anche dalle segnalazioni fornite dal gruppo Speleo-Archeologico Egadi, diretto dal Signor. A. Giangrasso. Le esplorazioni, ad ampio raggio, condussero anche alla scoperta di interesse preistorico della grotta d’Oriente. Per la grotta del Cervo, come riferisce G. Mannino: “l’avanzato stato di degrado, la presenza sulle pareti di varie colorazioni (dal nero al rossiccio), la fitta tessitura di ragnatele, la crescita di muffe e di alghe avevano impedito l’adeguata prospezione delle superfici rocciose, lasciando intendere, nella relazione che alcune macchie nerastre potessero essere in realtà delle figure dipinte, auspicando dunque un intervento”.
Nel 2005, venne intrapresa una campagna di studio, presso la grotta del Cervo durante la quale furono messe in luce, nel trattomediano della parete, che fa da sfondo nell’ambiente centrale della cavità alcune figure, zoomorfe e antropomorfe, divisibili in due gruppi (A e B). La superficie d’intervento riguardò metri 4,30 di larghezza, rivolta verso l’ingresso, distante 12 metri. Ai piedi della parete, fu aperto un saggio di scavo, tuttora visibile e recintato. Il degrado ambientale ha parzialmente corroso le pitture (G. Mannino, in Agorà n°38/2011).

 Relazioni 
Jana Cardinale

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