Particolarmente attivi nella commissione di estorsioni, i vertici di “cosa nostra” per i territori di Piazza Armerina ed Aidone, già tratti in arresto nell’ambito delle operazioni “Nerone” e “Nerone 2” condotte dalla Squadra Mobile di Enna, non disdegnavano di organizzare rapine a mano armata al fine di reperire denaro da destinare anche all’organizzazione mafiosa di appartenenza.
Tre di loro, coadiuvati da soggetti a loro vicini, hanno messo a segno una rapina a mano armata ad un commerciante di tabacchi che transitava sulla tratta Gela – Niscemi (territorio di Caltanissetta) ed hanno organizzato una rapina, non andata a buon fine per motivi indipendenti dalla loro volontà, ad un imprenditore di Piazza Armerina.
Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica – D.D.A. di Caltanissetta e svolte dalla sezione “criminalità organizzata” della Squadra Mobile di Enna, hanno consentito di raccogliere importanti elementi a carico del gruppo criminale, così che il G.I.P. di Caltanissetta, su richiesta di quella Procura, ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 7 persone legate a “cosa nostra”.
Già in sede di indagini svolte nell’ambito dell’operazione “Nerone”, si aveva contezza di alcune conversazioni poco chiare, relative agli affari illeciti del gruppo mafioso facenti capo ad uno degli arrestati, ma non riconducibili all’attività estorsiva in quel momento in corso ai danni di altri soggetti ed in via di accertamento.
Gli sviluppi investigativi, esperiti dopo la sopra richiamata ordinanza di custodia cautelare, hanno consentito di raccogliere importanti elementi non solo nei confronti degli autori della rapina, ma anche in ordine ai complici ed alle consequenziali attività illecite poste in essere per piazzare i tabacchi rubati.
La colpevolezza dell’attività criminosa veniva confermata ulteriormente da una serie di dialoghi criptici avvenuti sia in concomitanza alla rapina, che nel successivo mese di novembre 2009, che dimostravano il loro coinvolgimento nell’attività di “vendita” dei tabacchi oggetto della rapina.
I predetti elementi hanno permesso di chiudere il quadro probatorio anche a carico di un altro elemento di spicco, presente sia in occasione di molte di tali chiamate, che durante le fasi della perpetrazione della rapina (lo stesso doveva raggiungere autonomamente il gruppo per fornirgli supporto logistico).
Il quadro complessivo a carico del capo dell’organizzazione è stato completato dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che lo indica come inserito nel circuito criminale di “Cosa Nostra” e in particolare nella “famiglia” di Enna.
A colpo effettuato, occorreva darsi da fare per “piazzare” le sigarette, dalla cui vendita, ovviamente a prezzi ridotti rispetto a quelli di mercato, il sodalizio avrebbe ricavato ingenti somme di denaro.
Da qui i primi problemi: da alcuni scambi tra il capo e la sua convivente, anch’ella tratta in arresto con la menzionata operazione “Nerone”, si aveva contezza del fatto che il primo si rammaricava del fatto che gli avessero proposto solo 5000 € per il bottino, lamentando che gli ipotetici acquirenti si stavano “comportando male”, poiché erano scesi da 7000 a 5000 €, con un prezzo unitario di 2,80 € a pacchetto di sigarette, pari a circa la metà del prezzo di vendita ufficiale; l’offerta appariva troppo bassa, poiché su 25000 euro di valore complessivo, aveva stimato – per la propria parte – almeno 6000, euro di profitto. A questo punto, per trovare una migliore strada per la risoluzione del problema, veniva interessato un altro degli arrestati, che si interessava per smerciare il bottino. In tale contesto si registravano una serie di contrasti dovuti alle modalità ed alla tempistica per la spartizione delle somme ricavate dalla vendita dei tabacchi; ovviamente, parte del denaro serviva per le esigenze di chi (appartenente al sodalizio criminale) si trovava in difficoltà.
Il gruppo, pertanto, nel rispetto delle regole dell’organizzazione, non poteva disporre autonomamente del denaro.
Altro episodio criminoso è stato effettuato a Piazza Armerina, accertato dai poliziotti, quando altri 2 arrestati, stavano effettuando – armati all’interno dell’autovettura Marea grigia – un appostamento finalizzato a bloccare e rapinare dell’incasso giornaliero il gestore di una sala giochi; il tutto con la complicità di altre persone che, nel contempo, effettuavano un servizio di vedetta all’interno del paese.
Che i tre fossero armati con l’intento di consumare la rapina emergeva dal complesso delle intercettazioni a bordo dell’autovettura.
Non solo, uno di loro faceva esplicitamente riferimento al possesso di “Marilena”, nomignolo con cui chiamava la pistola che illecitamente deteneva ed era solito portare con sè. Era, altresì, chiaro che il bottino sarebbe stato diviso, anche con riguardo alle necessità degli altri associati.
Nonostante tutti gli indagati si trovavano ai loro posti, la vittima designata, ancora non si era fatta vedere; pertanto i rapinatori decidevano di andare ad verificare personalmente dove si trovasse. Difatti, effettuavano un sopralluogo a Piazza Armerina e, nel corso di tale verifica, scorgevano l’imprenditore all’interno di un tabacchino.
Tra i tre sale la tensione, ma uno di loro rimane determinato a fare la rapina anche a costo di uccidere la vittima.
Avuta la conferma che il bersaglio era andato via dal suo esercizio commerciale, i tre si dirigono verso l’abitazione per cercare di incrociarlo.
Nonostante tutto, durante le fasi della ricerca, l’imprenditore era riuscito a “sfuggire” alla rapina probabilmente perché, nella concitazione, non era stato controllato adeguatamente dai “pali” e, dunque, il gruppo non era riuscito ad intercettarlo.
Ricostruito il quadro accusatorio, per i 7 sono scattate le manette da parte degli agenti di Enna.
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