Paradisi fiscali in piazza Hollande coinvolto


Virgin Cooc Cayman sede di società offshore dolce chimera dei “Paperoni”
Virgin Islands e Cook Islands, due nomi di isole che sembrano già un programma: le prime per chi vuol restare vergine davanti al fisco, le seconde una vera cuccagna per chi vuol nascondere e far fruttare “risparmi” di un certo livello. Lì, nel lontano oceano, offshore, cioè lungi dalla costa, “ricchi si può”. Per un certo verso, si può propendere persino dalla parte del “cattivo”: neanche a dirlo, l’evasore. Nella vecchia Europa, ma anche in Usa e, forse, in Giappone, detentori di piccoli e grandi gruzzoli non possono più far fruttare, né (addirittura) conservare neppure una lira. Che dico, peggio ancora: 1 euro! 
Noi gente comune sogniamo l’idea che abbiamo dei titolari dei grandi conti fruttiferi… Pensiamo che ogni tanto ci vadano, in volo nel mezzo del Pacifico o ai margini dei Caraibi, a sdraiarsi al sole o ad incrociare in barca lungo coste, rispetto alle quali le nostre, per incontaminate che siano, sembrano Ladispoli o Isola delle Femmine il 15 agosto… Virgin, Cook, ma anche Cayman, non sono solo un sogno turistico, ma anche economico. 
Ad alzare il velo sulla scandalosa realtà è stata stavolta un'inchiesta giornalistica internazionale sui conti esteri di politici e personalità in vista in tutto il mondo. Del club globale degli evasori che nascondono il denaro nei paradisi fiscali farebbero parte anche 200 italiani. E si tratta di tanti files raccolti in poco più di un anno da un gruppo di giornalisti di tutto il mondo. E’ un database con ben 12 mila società offshore in cui il personaggio più famoso coinvolto è il presidente francese Francois Hollande, la cui stima elettorale, già a pezzi, è scesa frattanto quasi al 30% secondo le indagini immediate. Tanto più che del consorzio dei giornalisti magna pars è interpretata da quelli di Le Monde il quale rivela che Jean-Marc Augier, uomo d'affari nel mondo dell'editoria e tesoriere di Hollande durante la recente campagna elettorale, è azionista di due società alle Cayman. 
L’Espresso si è affrettato ad evidenziare che fra i 200 italiani coinvolti ce n’è uno in “odore berlusconiano”. Il nome è Gaetano Terrin, un Carneade che però è stato commercialista dello studio Tremonti (che a propria volta è un commercialista…). Il servizio relativo viene da Washington in cui c’è anche Fabio Ghioni, definito hacker dello scandalo Telecom: avrebbe un conto alle Vergini. Ma vi sarebbe anche un sistema finanziario legato in prevalenza a tre famiglie lombarde (imprenditori e gioiellieri). Si nota poi un trust i cui direttori sarebbero i commercialisti meneghini Oreste e Carlo Severgnini coinvolti con la loro professione nei gruppi più importanti del busines nazionale che conta. 
In una certa misura c’è da aspettarselo. In un’Europa ormai priva di salvadanai, ricorrere alle società offshore, finché sarà possibile, non è altro che una conseguenza. E teniamo conto che i grandi finanzieri delle banche – quelli che lavorano direttamente con moneta contro moneta – non necessitano dei paradisi fiscali… 
Da anni, nel microcosmo economico, gli italiani ne inventano cento, se non mille, per “darsi aiuto” contro uno stato famelico. E’ immorale frodare una p.a. che spreca tanta ricchezza, ben al di là di quello che riescono ad intascare i politici, ma a causa e in conseguenza di decisioni errate, disamministrazione e simili? E’ contro produttivo soddisfare la definizione per eccellenza del capitale (denaro prodotto destinato a nuova produzione) baipassando uno Stato che voglia aggredirlo a mani basse finendo per bloccare – come sta avvenendo – la crescita generale? Non tutti gli italiani – siamo sinceri – la pensano così. 
Germano Scargiali

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