Festa di Santa Lucia domani 13/12/2014

CENNI SULLA STORIA DELLA CHIESA DI SIRACUSA
a cura di mons. Pasquale Magnano


La Chiesa siracusana vanta origine apostoliche secondo un'antichissima tradizione. Il primo documento che registrò tale tradizione fu 'L'encomio per il nostro Padre Marciano vescovo di Siracusa', scritto in greco, compilato tra la fine del secolo VII e ai primi del secolo VIII e conservato in Vaticano (codice 866).
Per superare un certo anacronismo del testo è probabile che il redattore, di età bizantina, ha messo insieme la vita di due vescovi dal nome di Marciano.
Del primo (il protovescovo), che fu inviato dall'apostolo Pietro, da Antiochia, nell'anno 39/40 circa e subì il martirio ad opera dei giudei. E dell'altro, che visse nel secolo III e subì il martirio al tempo di Valeriano e Gallieno.
La tradizione della fondazione apostolica fu raccolta in una frase del breve di papa Leone X (1513-1521) che quasi alla lettera campeggia nella navata centrale della cattedrale: Cum, sicut accepimus, Syracusana Ecclesia, qua secunda post Antiochenam Cristo dicata asseritur''.
Probabilmente, però, il messaggio evangelico a Siracusa giunse ancora prima dell'arrivo di Marciano e fu portato da evangelizzatori anonimi che, dopo la Pentecoste (cfr At 2, 1-11), si fermarono in essa per l'importanza dello scalo marittimo siracusano in epoca romana. È impensabile che la marcia del cristianesimo verso Roma abbia ignorato la Sicilia, come vorrebbero alcuni storici.
L'evangelizzazione, come osservò lo storico Francesco Lanzoni, seguì gli stessi itinerari delle rotte del commercio marittimo.
È storicamente certo che nella primavera dell'anno 61, a Siracusa, rimanendovi tre giorni, giunse l'apostolo Paolo che era condotto a Roma per essere giudicato dal tribunale di Cesare (cfr At 28,12).
Il silenzio degli Atti, poi, sulla permanenza siracusana di Paolo non esclude la presenza di una comunità cristiana; anche per la città di Mileto, dove Paolo rimase tre giorni ad attendere gli anziani di Efeso (At 20, 17-38), e per Malta, dove rimase tre mesi (At 28, 11), nulla si dice della sua attività strettamente evangelizzatrice; è impensabile immaginare l'apostolo Paolo inattivo.
S. Giovanni Crisostomo in due sue omelie ricordò la predicazione di Paolo in Sicilia, cioè a Siracusa, l'unica città siciliana e la prima città d'Italia visitata dall'Apostolo.
Altre testimonianze della presenza cristiana a Siracusa si hanno, poi, con il complesso delle catacombe, e particolarmente di quelle di S. Lucia, di S. Maria di Gesù, che nelle zone più antiche risalgono nei primi decenni del secolo III, e di S. Giovanni.
E a metà dello stesso secolo (250-251) in una lettera (redatta da Novaziano), inviata dal clero romano a S. Cipriano di Cartagine, dopo la morte di papa Fabiano (251 d. C.), sul problema de lapsi e sulla condotta da tenere verso di loro, si ha testimonianza di una comunità cristiana numerosa e strutturata, dato che in essa si dice che sulla stessa questione fu inviata altra lettera in Sicilia.
Lo storico Francesco Lanzoni scrisse: «adunque se non a Siracusa soltanto, certo principalmente a Siracusa noi dobbiamo cercare il vescovo destinatario dell'epistola dei preti e dei diaconi di Roma del 250 o 251».
Il secolo IV è ricco di testimonianze che accertano il vasto consolidamento della presenza cristiana.
Innanzitutto il martirio di S. Lucia, fissato dalla tradizione più antica al 13 dicembre, la cui personalità storica è stata indiscutibilmente e ulteriormente provata dalla epigrafe di Euskia ritrovata dall'archeologo Paolo Orsi nel 1894 nelle catacombe di S. Giovanni (sec. IV). 
L'epigrafe è «il più antico ricordo - scrisse S. L. Agnello - del culto prestato a S. Lucia», costituendo «con ciò il più sicuro documento della storicità della tradizione».
Sulle vicende del corpo di S. Lucia la opinione più attendibile ne indica la traslazione da Siracusa a Costantinopoli nel 1039 ad opera del generale bizantino Maniace e da Costantinopoli a Venezia nel 1204 ad opera del doge Enrico Dandalo.
Il venerato corpo della Santa, dopo ben 965, dal 15 al 20 dicembre del 2004, è ritornato in Siracusa accolto da una incalcolabile folla di fedeli commossi ed oranti. Per una settimana si è realizzata l'accorata preghiera della Chiesa siracusana, recitata lungo i secoli alle 'Lodi' dell'antico Breviario e trascritta dall'arcivescovo Luigi Bignami sul sepolcro della Santa: «Lucia sponsa Christi, omnis plebs te expectat».
Altra preziosa testimonianza di una antica e importante presenza di cristiani a Siracusa ci proviene dalla lettera, conservataci nella 'Storia Ecclesiastica' di Eusebio di Cesarea, che l'imperatore Costantino il Grande, dopo l'editto di Milano del 313, inviò al vescovo della città Cresto, convocato assieme ad altri prelati al concilio di Arles del 314 per mettere fine allo scisma donatista.
È da ritenersi che non si tratta del primo documento dell'esistenza della sede vescovile, che era molto più antica, quanto piuttosto del primo nome di un vescovo della città, riportato in un documento storicamente certo.
Tanti nomi di vescovi sono rimasti ignoti. Paolo Orsi rivendicò la scoperta dei nomi dei vescovi Cerapione e Siracusio, vissuti nello stesso IV secolo, seppelliti nelle catacombe di s. Giovanni e non elencati nella cronotassi dei vescovi siracusani fino al secolo XIX.
Un altro vescovo siracusano partecipò certamente nel 343-344 al concilio di Sardica (attuale Sofia, capitale della Bulgaria) ma il suo nome è rimasto ignoto. È assai probabile che si tratti del vescovo Germano che, secondo lo storico Cristoforo Scobar, «edificò la chiesa di S. Paolo e di S. Pietro e la chiesa di S. Foca».
La cronotassi dei vescovi siracusani, purtroppo, ha vuoti vistosi soprattutto nel primo millennio; tuttora, ad esempio, non sono elencati i vescovi Ilario, vissuto nei primi decenni del secolo V, che scrisse nel 414 a S. Agostino, dati i frequenti rapporti tra Siracusa e l'Africa cristiana, a proposito della eresia pelagiana, divulgata in città dallo stesso Pelagio e dal discepolo Celestio che si erano fermati in essa fuggendo da Roma minacciata da Alarico, e Pietro, immediato santo predecessore del vescovo S. Zosimo (sec. VII), come si legge nella 'Vita' di questo.
Ulteriore prova della presenza cristiana è data dalle ben note testimonianze epigrafiche, archeologiche e pittoriche delle catacombe. Siracusa, infatti, vanta, dopo Roma, il maggior numero di titoli tra le città dell'intera Europa occidentale.
Una comunità cristiana organizzata come quella siracusana, quindi, non poteva non avere origini lontane per avere così vasti cimiteri cristiani. Il passaggio dal paganesimo al cristianesimo presuppongono tempi lunghissimi. 
Il vescovo siracusano Eulalio, agli inizi del secolo VI, accolse a Siracusa il monaco Fulgenzio di Telepte in Africa, il futuro vescovo di Ruspe (ulteriore dimostrazione dei rapporti con la sponda africana), e partecipò ai sinodi romani del 501 e 503 firmando gli atti dopo papa Simmaco e i vescovi di Milano e Ravenna.
Alla fine del VI secolo, con l'avvento di papa Gregorio Magno (590-604), la sede siracusana ebbe rapporti particolari con Roma.
Il grande Pontefice scrisse numerose lettere ai vescovi siracusani Massimiano, che da abate accolse nel monastero di S. Andrea al Celio in Roma il futuro Gregorio Magno e, poi, fu costituito dallo stesso papa suo vicario per tutta la Sicilia, e Giovanni, al quale concesse anche l'uso del pallio.
Papa Gregorio si interessò degli antichi monasteri siracusani di S. Nicolò, S. Pietro ad Bajas e S. Lucia (questo eretto, a suo tempo, per la custodia del venerato sepolcro della santa vergine e martire siracusana), e di un altro sorto sotto il suo pontificato, detto della 'Capitulana', (che ebbe breve vita), rafforzandone la disciplina.
Siracusa ebbe anche legami con Costantinopoli, allora capitale dell'impero d'Oriente. Dal 535 Siracusa entrò nell'orbita bizantina e dal 663 al 668 fu sede dell'imperatore Costante II.
Nel 680 a conclusione di un sinodo convocato da papa Agatone (679-681), siciliano, la prima firma dei vescovi siciliani è quella di Teodosio, che si qualifica 'exiguus episcopus sanctae ecclesiae syracusanae'.
Tra la fine del secolo VIII e gli inizi del secolo IX il patriarcato di Costantinopoli concesse alle sede siracusana, in modo permanente, la dignità di metropolita di Sicilia.
Nell'860, papa Nicolo I (858-867) rivendicò la consacrazione dell'arcivescovo siracusano in una lettera all'imperatore d'Oriente Michele III, richiamandosi alla tradizione apostolica: 'volumus ut consecratio syracusani archiepiscopi nostra a Sede impendatur ut traditio ab Apostolis instituta nullatenus nostris temporibus violetur'.
Ma il 21 maggio dell'878, dopo un lungo assedio di nove mesi, Siracusa fu espugnata dai musulmani, che la dominarono per ben oltre due secoli, fino al 1086.
L'assedio e la caduta della città furono narrate dal monaco Teodosio, che fu deportato assieme all'arcivescovo siracusano, di cui si ignora il nome (probabilmente Teodoro), a Palermo. Quando in questa giunse la carovana dei prigionieri, i cristiani, costernati, e i musulmani, curiosi, si domandavano 'chi mai fosse quel famosissimo arcivescovo dei siciliani'.
Con la conquista araba, Siracusa divenne una diocesi in partibus infidelium ed ebbe anche i suoi martiri tra i quali, ancora noti nella chiesa d'Oriente e ricordati un tempo anche dalla chiesa siracusana, Giovanni ed Andrea con i figli Pietro ed Antonio, che furono deportati in Africa e poi uccisi con crudeltà dall'emiro Ibrahim.
Con la liberazione normanna, nel 1093 fu ricostituita la diocesi che si estendeva in tutto il territorio sud-orientale dell'isola (che nel 1188 divenne suffraganea di Monreale), da cui successivamente furono smembrate le diocesi di Caltagirone (1816), di Piazza Armerina (1818), di Noto (1844), e di Ragusa (1950/1955).
Il 20 maggio 1844 papa Gregorio XVI (1831-1846) restituì a Siracusa la dignità di sede matropolitana assegnando come suffraganee le diocesi di Caltagirone, Piazza Armerina, Noto, costituite dal territorio della vasta diocesi siracusana; e, successivamente, nel 1955, papa Pio XII (1939-1958), assegnò come suffraganea anche la diocesi Ragusa.
Con bolla papale del 2 dicembre del 2000, però, la diocesi di Caltagirone, già suffraganea di Siracusa, fu assegnata all'arcidiocesi di Catania, divenuta nella stessa data metropolitana e la diocesi di Piazza Armerima, già suffraganea di Siracusa, a quella di Agrigento, eretta a sede arcivescovile e metropolitana.
All'antica provincia ecclesiastica siracusana rimasero come suffraganee soltanto le diocesi di Ragusa e di Noto.
Dal 29 agosto al 1º settembre 1953, tra il commosso stupore del mondo, a Siracusa si verificò la lacrimazione di una statuetta del Cuore Immacolato di Maria.
Il 12 dicembre successivo, l'Episcopato siciliano emanò un comunicato ufficiale approvando la veredicità dell'evento ed auspicando la costruzione di un santuario che ne perpetuasse il ricordo. Il 17 ottobre 1954 Pio XII nel suo radiomessaggio ai siciliani, 'Tra i memorandi fasti', si soffermò a lungo sulle lacrime della Madonna a Siracusa.
In prossimità del luogo dove pianse la Madonna è stato innalzato il grandioso santuario 'Madonna delle Lacrime', su progetto degli architetti Michel Andrault e Pierre Parat, che papa Giovanni Paolo II (1978-2005) consacrò il 6 novembre 1994.
Festa in onore di Santa Lucia, patrona di Siracusa con le tradizionali manifestazioni Lucia di Svezia e Settimana Svedese e Fiera di Santa Lucia.

Santa Lucia nacque a Siracusa sul finire del III Secolo (anno 281?), secondo la tradizione, da una nobile e ricca famiglia. Il nome della madre era Eutichia. Il padre, morto quando Lucia aveva cinque anni, probabilmente si chiamava Lucio, data la norma romana di porre alla figlia il nome del padre. Il nome Lucia, che significa senz’altro luce, è tipicamente cristiano, quindi cristiana era forse anche la famiglia. Santa Lucia fu martirizzata il13 dicembre 304 durante la persecuzione di Diocleziano. La storia del martirio ci è pervenuta in duplice versione dagli atti latini e dagli atti greci (o codice Papadopulo). Gli atti latini raccontano che la santa fu trafitta alla gola; gli atti greci dicono che fu decapitata. 

Il 13 dicembre Siracusa celebra la patrona Santa Lucia, la statua viene portata in lenta processione, dalDuomo alla chiesa di Santa Lucia al Sepolcro; il corteo è seguito da una carrozza settecentesca, conpersonaggi in costume. La settimana dopo, il corteo compie il percorso inverso e la statua, portata a spalla dai berretti verdi (nomignolo affibbiato ai portatori per il caratteristico colore dei berretti) della confraternita dei falegnami, ritorna nella cattedrale. In questi giorni di festa è usanza preparare piatti tipici, come gli uccioli e lacuccia. I Berretti verdi portano la statua in argento della Santa (uscita dalla bottega palermitana di Pietro Rizzo, sulla fine del Cinquecento) poggiata sulla cassa in argento anch'essa (opera attribuita a Nibilio Gagini nel sec. XVII) perchè le reliquie non sono più a Siracusa da tempi lontanissimi.

In occasione dei festeggiamenti di Santa Lucia, si svolge, com'è tradizione dal 1970, la manifestazione Lucia di Svezia e Settimana Svedese, una sorta di gemellaggio fra Siracusa e la Svezia nel nome di Santa Lucia. La manifestazione ha il fine di accostare la festività cristiana, che si celebra a Siracusa in occasione della celebrazione della santa patrona, alla tradizione svedese. Infatti, da molti secoli, anche in Svezia il 13 dicembre è un giorno solenne (in questo giorno infatti cade il solstizio d'inverno che segna la fine della lunga notte): già i vichinghi festeggiavano il ritorno della luce dopo mesi di oscurità; dal Medioevo, nella regione del Varmland, una fanciulla, vestita di bianco e col capo cinto da una corona di luci, svegliava i dormienti offrendo una coppa di malvasia in onore di Santa Lucia. Nel corso della Settimana Svedese vengono organizzati dibattiti, mostre e tavole rotonde sul tema conduttore della manifestazione, che ogni anno è incentrato su un diverso argomento della cultura svedese: le scorse edizioni sono state dedicate al cinema, teatro, alla narrativa, alla poesia, alla letteratura, all'urbanistica.
LA FESTA
Siracusa festeggia due volte l’anno la sua Patrona ma, senza dubbio la festa più sentita e commovente è quella del 13 dicembre, giorno del dies natalis della Santa. Il clima di festa si respira già dal pomeriggio del 30 novembre quando la banda musicale gira festosa per le vie del centro storico, Ortigia, annunziando l’inizio della Tredicina che si terrà in Cattedrale. Con il passare dei giorni l’attesa si fa sempre più carica di emozione e il giorno 9 ha inizio il solenne triduo con l’esposizione del Simulacro argenteo di S. Lucia nella Cappella a Lei dedicata in Cattedrale. Le Sante Messe si susseguono all’altare della Santa ed ogni sera ha luogo la benedizione e il bacio della Reliquia. Il 12 dicembre è giornata di vigilia e già dalle prime ore del mattino in Cattedrale iniziano ad accorrere i devoti per assistere alla traslazione del Simulacro dalla Cappella all’Altare Maggiore. Alle 11,45 il Campanellaio ed il Maestro di Cappella danno inizio alle operazioni necessarie fin quando l’esplodere dell’applauso dei fedeli accoglie la Santa fuori dalla sua Cappella. Santa Lucia adesso è in mezzo al suo popolo e fra le grida di invocazione e gli applausi, pian piano viene portata sull’Altare Maggiore della Cattedrale. Le celebrazioni proseguiranno con i Vespri della sera in attesa del grande giorno di festa.
È il 13 dicembre e molti devoti accorrono in Cattedrale per assistere al solenne Pontificale a cui, come è tradizione, ogni anno partecipa un alto prelato invitato per l’occasione dall’Arcivescovo della Città. Nelle prime ore delpomeriggio, alle 15.30, ha inizio la solenne processione delle Reliquie e del Simulacro argenteo che attraverseranno la città per giungere alla Basilica di Santa Lucia al Sepolcro. La lunga processione che dura molte ore è un pellegrinaggio solenne e devoto, ricco di molti segni che rendono questa festa unica nel suo genere. Un gran concorso di popolo accompagna la Santa Patrona per le vie della città al grido di Sarausana jè! (Siracusana è) moltissime sono le persone che recano ceri accesi e fanno il viaggio a piedi scalzi in segno di ringraziamento o per implorare una grazia. L’uscita del Simulacro è senza dubbio uno dei momenti più forti della festa; da quel momento S. Lucia è in mezzo alla sua città, ai suoi devoti che la acclamano a gran voce. Il Simulacro di S. Lucia, scortato da dodici cilii, grossi candelabri lignei addobbati con fiori, è seguito dalla
magnifica Carrozza del Senato, su cui un tempo sedevano i Giurati del Senato Aretuseo.

Il corteo che accompagna la Carrozza indossa abiti in stile Settecento, con parrucca e livrea e sfila con eleganza al seguito della Santa. Il corteo attraverserà la Porta Marina, l’unica delle antiche porte della città rimaste integre e oltrepasserà il Ponte Umbertino per dirigersi quindi alla Borgata ove arriverà in serata. Giunto in piazza S. Lucia, il suono a festa delle campane annuncia l’ingresso di S. Lucia nella sua chiesa e al termine delle operazioni di sistemazione del Simulacro sull’Altare Maggiore della Basilica, avrà luogo la Santa Messa.L’ottavario in Basilica è caratterizzato dalla folla continua dei fedeli che fanno visita alla Santa e prendono parte alle celebrazioni Eucaristiche e dalle ininterrotte visite al Sepolcro della Martire, ove solitamente viene esposta una delle due Reliquie. Il 20 dicembre è il giorno del rientro di S. Lucia in Cattedrale; un’altra lunga processione e un altro bagno di folla prenderà parte all’itinerario che questa volta è differente e nel quale si hanno due visite molto importanti.. La prima sosta presso la Basilica Santuario della Madonna delle Lacrimecon un intenso momento di preghiera e la seconda, poche centinaia di metri più avanti, presso l’Ospedale Generale Umberto I. Due momenti di grande intensità spirituale, dove si vive veramente l’Amore per la Santa Patrona, rendendo omaggio alla Madonna delle Lacrime e visitando gli ammalati. Caratteristica di questo secondo momento è l’ingresso del Simulacro per il viale che costeggia l’Ospedale e soprattutto la vista dei balconi dei reparti assiepati di persone e ammalati che rivolgono la loro preghiera a S. Lucia. L’arrivo al Ponte Umbertino è uno dei momenti tanto attesi per i siracusani perché è li che la città saluta festosamente con fuochi pirotecnici S. Lucia, prima che riprenda il suo percorso verso la Cattedrale. Percorrendo ancora una volta le strade dell’antica Ortigia, S. Lucia fa il suo ingresso festoso in Cattedrale e dopo la preghiera finale le porte della Cappella vengono lentamente chiuse, concludendosi così i festeggiamenti di dicembre.

FESTA DEL PATROCINIO DI SANTA LUCIA
La seconda ma, non meno importante festa è quella del Patrocinio di S. Lucia, più comunemente chiamata S. Lucia delle Quaglie, a ricordo della speciale protezione che la Santa offrì a Siracusa nel 1646, in occasione di una grave carestia. In memoria di quell’ evento miracoloso che vide improvvisamente sbarcare al porto alcuni bastimenti carichi di grano, ogni anno nella prima domenica di maggio a mezzogiorno il Simulacro di S. Lucia viene portato fuori dalla Cattedrale e condotto nella chiesa di S. Lucia alla Badia, sita sempre in piazza Duomo. Caratteristica di questa prima domenica di maggio è il lancio di colombi viaggiatori che si effettua in onore di S. Lucia, dalla balconata del giardino Arcivescovile proprio a ricordo di quel miracoloso evento. Durante l’ottavario sono spesso presenti pellegrini che vengono da altre località della Sicilia, ma anche da varie parti d’Italia, in cui è particolarmente vivo il culto verso S. Lucia. La seconda domenica di maggio è l’ultimo giorno di festa, che si conclude con la processione del Simulacro argenteo per le vie di Ortigia e il rientro in Cattedrale; quella di maggio è una festa più intima per gli abitanti di Ortigia che accolgono con balconi illuminati il passaggio di S. Lucia per le strettestrade del centro storico.
Il centro si anima per la festa di Santa Lucia: tutti gli eventi in programma Eventi a Forlì



Assieme alla Madonna del Fuoco è la festa popolare più amata dai forlivesi. Sabato ritorna Santa Lucia, a partire dalla grande fiera ambulante che dalle 7.30 alle 20 di occuperà corso della Repubblica e il lato sud di piazza Saffi, con ben 125 bancarelle cariche di dolciumi, giocattoli, pelletteria, articoli per la casa e gastronomia. Ma c’è anche un aspetto misconosciuto ed è la dimensione popolar-religiosa, che affonda le radici nella cultura legata alla terra e al ciclo delle stagioni.

Il 13 dicembre il cristianesimo festeggia una santa dell’antichità, Lucia, fanciulla siracusana martirizzata nel 304 dall’imperatore Diocleziano per essersi rifiutata di adorare gli dei pagani, troppo antropomorfi per essere veri. La solennità è contigua al solstizio d’inverno, il 21 dicembre, il giorno più corto dell’anno: facile pensare che la chiesa di Roma abbia inteso sovrapporre la devozione per la martire siciliana alle feste “pagane” che celebravano la luce. Per le ultime generazioni di forlivesi, Santa Lucia è la grande fiera del torrone e dei dolciumi. Basta però sfogliare le cronache cittadine, per scoprire che l’esplosione popolare della manifestazione risale al Cinquecento. Centro nevralgico dell’evento resta la chiesa parrocchiale omonima, posta a metà di corso della Repubblica. La costruzione di questo edificio, inizialmente intitolato a San Francesco di Paola, fu avviata nel 1614 su iniziativa dei monaci Minimi. Con la soppressione dell’ordine da parte di Napoleone, nel 1797, il tempio divenne chiesa parrocchiale col titolo odierno di Santa Lucia. E’ curioso apprendere che, fino a quel momento, la vergine siracusana era venerata in un’altra chiesa, oggi scomparsa, che sorgeva sul lato opposto sulla strada. Ad erigere l’attuale luogo di culto provvide fra Giuseppe Merenda, il monaco architetto che già aveva lavorato alla Domus Dei, l’attuale Pinacoteca e alla chiesa di Sant’Antonio Abate in Ravaldino.

Anche quest’anno, la chiesa barocca sarà presa d’assalto da frotte di fedeli, in fila per la rituale benedizione agli occhi con la reliquia della santa. Sono previste messe alle 6.30, 8, 9.30, 11, 15 e 17.30, quest’ultima presieduta dal vescovo di Forlì-Bertinoro monsignor Lino Pizzi. In passato, Santa Lucia proteggeva un’altra “condizione” sociale assai poco lusinghiera: le donne nubili. Per le giovani in cerca di marito, soprattutto le più povere e senza dote, farsi vedere in chiesa e partecipare ad una delle tante messe celebrate lungo l’arco della giornata, significava rendere di dominio pubblico la volontà di accasarsi. La grande sagra popolare viveva nell’attesa della Tombola comunale, che si estraeva al tramonto dal balcone principale del palazzo municipale. Borgo Cotogni, l’odierno corso della Repubblica, era illuminato dai lumi in acetilene dei venditori, creando uno scenario impareggiabile.

La grande novità di quest’anno sta nella riapertura della chiesa, restituita al culto il 29 novembre scorso al termine dei lavori di installazione del nuovo impianto di riscaldamento. Ma è stato messo in sicurezza anche l’altare laterale di Sant’Anna, così come è stato restaurato e ridipinto con il colore originario il portone principale d’ingresso da corso della Repubblica. All’interno del complesso religioso di Santa Lucia, destinato a divenire il fulcro della pastorale giovanile e del Centro diocesano universitario, è stato restaurato e recuperato funzionalmente il chiostro: merito della Diocesi, che si è avvalsa dei fondi dell’8 per mille e del contributo della Fondazione Cassa dei Risparmi, sotto la direzione dell’architetto Roberto Pistolesi.


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