Mafia. Sequestrati beni al clan di Matteo Messina Denaro per 20 mln di euro


Il sequestro colpisce la rete di "imprenditori al servizio del latitante", come vennero definiti il giorno del blitz "Eden" nel 2013. A Messina Denaro avrebbero garantito ricchezza e protezione. Dalle indagini è emersa la capacità di Cosa nostra di infiltrarsi nel
tessuto economico attraverso società, imprese agricole e attività commerciali, dislocate in diverse province della Sicilia e del Sud Italia. I nomi degli imprenditori raggiunti dal decreto di sequestro sono già noti. Si tratta dei cugini del boss latitante, Mario Messina Denaro, che per conto del boss si sarebbe occupato di estorsioni,  e Giovanni Filardo, impegnato nel settore dell'edilizia, dichiarando pochissimo al fisco, in possesso di un patrimonio a sei zeri. Inoltre, il sequestro ha riguardato Francesco Spezia, ritenuto intestatario fittizio della Spe.Fra Costruzioni srl, Vincenzo Torino ed Aldo Tonino Di Stefano, considerati prestanome dell'impresa olivicola "Fontane d'oro", una delle più note nel territorio di Campobello di Mazara, Antonino Lo Sciuto, Nicolò Polizzi e Girolamo Cangialosi. Un lungo elenco di imprese, società e ditte individuali è finito così sotto sequestro. I beni valgono 20 milioni di euro e producevano parte del denaro con cui finora ha vissuto Matteo Messina Denaro. Adesso passano in amministrazione giudiziaria. Lo hanno deciso le sezioni Misure di prevenzione dei Tribunali di Palermo e Trapani, al termine del lavoro investigativo del Gico del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma, dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani, sotto la direzione della Procura distrettuale Antimafia di Palermo.

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