Blitz mandamento Noce, direttore centrale anticrimine: "Bisogna mantenere alta l'attenzione, continua azione repressiva"

di Ambra Drago
Sull'operazione che ha colpito il mandamento della Noce/Cruillas che
comprende le famiglie dei rispettivi quartieri e quella della zona Malaspina ed Altarello è intervenuto il direttore della Direzione centrale anticrimine, il prefetto Francesco Messina. "L'indagine come questa dimostra plasticamente che la rieducazione del condannato nel caso di chi ha fatto una scelta di appartenere a Cosa nostra non ha efficacia e questo deve fare riflettere. Tra l'altro si tratta di soggetti che in passato erano stati condannati e già avevano scontato la pena e sono ritornati a lavorare come quello che facevano prima e si sono adeguati, vuol dire che i legami con la famiglia mafiosa non viene reciso dal carcere, che è quello che dovrebbe accadere". Una riflessione sul tema ampio sulla richiesta d abolizione dell'ergastolo ostativo per i mafiosi e quindi per chi sostanzialmente sottoposto al 41 bis. Dalle indagini durate due anni è emerso il legame da parte dei diversi componenti al vecchio codice d'onore mafioso e che anche questa volta il controllo del territorio viene fatto in modo capillare con la richiesta del pizzo a tappeto. "Gli indagati di oggi- sottolinea il direttore del Dac, avevano messo in piedi un sistema che sottoponeva a tappeto davvero, tutti anche chi aveva una bancarella abusiva. Anche in questo caso come era avvenuto a Brancaccio nell'operazione di pochi giorni fa, non c'è stata una collaborazione da parte degli storti. Volendo fare una riflessione a ampio raggio ritengo che può essere il punto di partenza di voler ristrutturare Cosa nostra partendo dal territorio. Credo che sia il tentativo di cominciare a riassumere potere e creare il capitale sociale che poi è alla base del controllo. Noi continuiamo ad agire con determinazione dobbiamo pensare nel tempo a una riduzione fisiologica del fenomeno mafioso". Due operazioni prima e dopo le celebrazioni del trentennale delle Stragi di Capaci probabilmente è anche un invito alla città a collaborare. "Noi facciamo un'attività repressiva ed è il primo passo per liberare il territorio, c'è necessità che lo Stato poi agisca con degli attori che non si occupano strettamente di pubblica sicurezza. Palermo ha fatto grandi passi avanti rispetto trent'anni fa e che le coscienze sono state risvegliate e abbiamo la partecipazione della gente ma dobbiamo essere efficienti nella fase successiva alle repressiva. Dobbiamo stare attenti a non abbassare il livello di attenzione".

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