Con "Aleko" di Rachmaninov e "Pagliacci" di Leoncavallo il Teatro Massimo di Palermo inaugura il 21 novembre la stagione lirica

Nel mese in cui si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne, il Teatro Massimo inaugura la Stagione lirica 2025-2026, venerdì 21 novembre 2025 alle 19:00, con un dittico inedito che accosta il verismo russo a quello italiano e parla della tragica attualità del femminicidio. Aleko, in prima esecuzione in forma scenica in Italia, è l’opera in un atto di Sergej Rachmaninov, su libretto di Vladimir Nemirovic-Dancenko, tratto dal poema Gli zingari di Puškin. È accostata per la prima volta a Pagliacci, il dramma in un prologo e due atti, su musica e libretto di Ruggero Leoncavallo.
L’allestimento è una nuova produzione della Fondazione Teatro Massimo e vede il debutto a Palermo della regista Silvia Paoli, che con la sua visione mette in dialogo le due vicende, accomunate dal tema della violenza sulle donne. Sul podio dell’Orchestra del Teatro Massimo torna a dirigere il maestro Francesco Lanzillotta con un cast internazionale che vede il baritono azero Elchin Azizov interpretare Aleko e Tonio, il soprano Carólina Lopez Moreno è Zemfira e Nedda, e il tenore Brian Jagde veste i panni di Canio. Interpreti impegnati a dar corpo e voce a personaggi emblematici: l'esule russo Aleko cerca libertà ma non è disposto a concederla alla sua compagna Zemfira; Canio, tradito da Nedda, si ritrova a rivivere nella realtà il tradimento subito nella finzione e sceglie di lavare l’onta col sangue. Zemfira e Nedda, al contrario, rivendicano la libertà di autodeterminarsi e di amare senza costrizioni.
Nel cast alternativo gli stessi ruoli sono interpretati rispettivamente da Federico Longhi, Tetiana Miyus e Ivan Magrì. A completare il cast: Pavel Kolgatin (giovane zingaro), Petar Naydenov (vecchio zingaro), Gustavo Castillo (Silvio), Matteo Mezzaro (Beppe), Antonio Barbagallo e Federico Cucinotta (un contadino), Gianmarco Randazzo e Francesco Polizzi (un altro contadino). Il team creativo prevalentemente femminile conta su Eleonora De Leo (Scene), Ilaria Ariemme (costumi), Fiammetta Baldiserri (lighting designer), Marcello Lumaca (lighting designer collaboratore), Daisy Ransom–Phillips (coreografia), Lisa Capaccioli (assistente alla regia), Alice Perez (aiuto costumi), Elena Madia (aiuto scene).
L'apertura di stagione coinvolge tutte le compagini della Fondazione: Coro, Coro di voci bianche, Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro Massimo. Maestro del Coro Salvatore Punturo, Direttore del Corpo di ballo Jean-Sébastien Colau.
Composte negli stessi anni, Aleko e Pagliacci (1892), sono due opere di autori, linguaggi musicali ed estetiche diversissime. Ma si somigliano per struttura, caratteri e per i temi da cui traggono ispirazione: l’incapacità dell’uomo di accettare la libertà e l’indipendenza della donna, l’ossessione del possesso e la violenza che trascende nel femminicidio. Il dittico diventa così un unico grande discorso in cui le due opere si rispecchiano come parti di una stessa narrazione che racconta la violenza da prospettive diverse, con dinamiche e personaggi simili: un uomo tradito, una donna che vuole rifarsi una vita, e un epilogo tragico in cui l’uomo, scoperta l'infedeltà della sua compagna, piuttosto che lasciarla andare la uccide. Una violenza che riecheggia tragicamente nella società contemporanea.
“La brutalità di Canio e di Aleko sopravvive ancora nella nostra quotidianità – dice la regista Silvia Paoli – «l’uom riprende i suoi dritti, e ’l cor che sanguina vuol sangue a lavar l’onta» canta Canio nei Pagliacci. Ed è l’eco della vecchia teoria del delitto d’onore, l’idea che la donna sia proprietà dell’uomo, che la sua indipendenza sia un’onta. Il delitto d’onore in Italia è stato abolito solo nel 1981, e poco sembra essere cambiato. I dati e le cronache ce lo ricordano continuamente: le donne uccise, in Italia, nel 2025, sono più di 70 ad oggi. Per questo ho voluto che finzione e realtà si intrecciassero fin dall’inizio. Lo spettacolo si apre con 75 coltellate, un numero che potrà sembrare eccessivo o provocatorio, ma che corrisponde alle coltellate inferte a Giulia Cecchettin dal suo ex-fidanzato. Quest’azione mette lo spettatore davanti ad un fatto, una mostruosità, un eccesso che è però tristemente reale, vero. Non è possibile, oggi, parlare di femminicidio senza far riferimento alla quotidianità. Per questo avrei voluto avere in scena il numero esatto di donne uccise fino al giorno della prima, ma questo non sarà possibile vista la quantità di vittime; ci sarà una rappresentanza: ho chiesto alle lavoratrici del teatro, sarte, truccatrici, attrezziste, di arrivare in scena con un fiore da deporre sul corpo di Zemfira, donne che hanno voglia di ricordare che non possiamo guardare dall’altra parte, che ci dicono quanto questo dramma riguarda tutte e tutti noi”.
“È interessante vedere come, in Aleko e Pagliacci, lo stesso tema sia stato affrontato con linguaggi musicali diversi da due compositori molto diversi e lontani fra loro – aggiunge il direttore d’orchestra Francesco Lanzillotta, tra i direttori più affermati della sua generazione –. Le partiture, pur raccontando mondi ed estetiche diverse, trattano una storia praticamente identica: nel caso di Aleko è una compagnia di zingari, in quella di Pagliacci è una compagnia circense, lei si innamora di un altro ma sta con un uomo che, in entrambe le opere, si trasformerà nel suo assassino. Credo che una delle funzioni principali del Teatro d’Opera sia quella di riacquisire il suo ruolo centrale all’interno della società e per riacquisirlo è necessario che tratti anche temi contemporanei di rilevanza sociale. È importante commissionare ai compositori più opere nuove che trattino temi contemporanei”.
Lo spettacolo prende le mosse dal finale di Aleko e dalla morte della protagonista che, nel limbo del trapasso, rievoca a ritroso le sequenze e le vicende del passato. La scena appare un luogo sospeso, dove gli oggetti nascono dal ricordo: un divano, una vasca da bagno o un armadio. In Pagliacci invece lo spazio è concreto, reale, colorato, il delitto d’onore, ispirato a un fatto di cronaca, è speculare a quello di Aleko. E la storia di Zemfira si ripete con quella di Nedda, stavolta con un pubblico pagante ad assistere alla morte ma, come canta Canio, "La commedia è finita!".
SINOSSI. Il russo Aleko, stabilitosi in un campo di zingari per cercare la libertà, vive con Zemfira. La sua gelosia possessiva si scontra con il codice libero degli zingari, e Zemfira lo abbandona per un altro uomo di un campo gitano vicino. Aleko, sentendosi tradito e fallito, li sorprende insieme all'alba e, accecato dalla rabbia, li uccide entrambi. Per questo gesto di violenza e possessività, estraneo alla loro cultura, gli zingari abbandonano Aleko, lasciandolo solo con la sua disperazione. Pagliacci racconta di una compagnia di attori girovaghi. Il capocomico Canio, follemente geloso, sospetta che sua moglie Nedda abbia un amante. Durante la rappresentazione teatrale, la finzione si confonde con la realtà e Canio, accecato dalla rabbia, uccide Nedda e il suo amante nella vita reale.
Il debutto dell’opera è preceduto, martedì 18 novembre alle 18:30, in Sala ONU da una conferenza di introduzione all’ascolto a cura dell’Associazione Amici del Teatro Massimo, che hanno invitato a parlare di Aleko Anna Giust, docente di Lingua e letteratura russa nell’Università di Verona, che porta avanti in ambito musicale ricerche sul repertorio operistico russo.

Nessun commento:

Posta un commento