In questura lo spettacolo di Pirrotta fa rivivere la cattura di Provenzano:"Raccontiamo la sua ferocia ai giovani"

di Ambra Drago
Le storie hanno sempre dei dettagli e in questo caso si chiamano "pizzini" per chi non fosse siciliano il termine significa foglietto di carta di piccole dimensioni che per lui, la "Primula Rossa", latitante da 43 anni, erano lo scrigno del potere che fino all'11 aprile 2006 ( giorno della sua cattura) gli permettevano di tenere sotto scacco l'intera Sicilia e non solo. Dall'ascesa al potere per arrivare alla caduta dell'imprendibile, in queste tre tappe per niente semplici c' è racchiusa  la storia di un gruppo di lavoro, costituito da magistrati della Procura di Palermo insieme agli uomini della Mobile, del gruppo Catturandi e dello Sco (il Servizio Centrale Operativo ) di Roma.
"Era un fantasma Provenzano, l'unica traccia che avevamo erano i pizzini e una foto segnaletica del 63'.Ricordo- sottolinea Renato Cortese - questore di Palermo e all'epoca capo della Catturandi- avevamo trovato una prima traccia di questi pizzini nel 1998/99 in carcere da Pino Lipari che era il cassiere di Provenzano. Da quel momento abbiamo lavorato incessantemente nonostante il contesto negativo, ovvero tutti pensavano che non l'avremmo preso. Nel 2005 da un ambientale abbiamo avuto la certezza che Provenzano si trovasse a Corleone e così abbiamo installato diverse videocamere, cosa non semplice in un paese dove si conoscono tutti e bisognava passare inosservati. Una serie di informazioni ci hanno portato al casolare dove in realtà veniva venduto del formaggio e per questo inizialmente dato il via vai continuo di gente ci sembrava impossibile che Provenzano si trovasse li. Dopo notti di appostamenti ci accorgemmo oltre alla presenza del pastore, che questo abitualmente  parlava dando le spalle a una porta, un'altro elemento di stupore era dato dalla presenza di un'antenna, da li controlli incrociati per arrivare alla tanto attesa conferma.
Era fondamentale l'arrivo a destinazione  di un pizzino, partito la domenica da casa di Saveria Palazzolo (moglie di Provenzano) e che attraverso una staffetta sarebbe dovuto giungere a Montagna di Cavalli.Ecco che alle 10,30 del giorno 11 aprile giunse attraverso Bernardo Riina, l'ultimo anello del carro, proprio nel casolare.Riina scese dal suo Suv bianco,  e consegnò  il pacco. A quel punto vedemmo la  la famosa manina uscire dalla porta e ritirare il sacchetto della Despar per poi nascondersi nuovamente. Per noi quel gesto rappresentò la conferma che c'era sicuramente qualcuno e che si trattava di Bernardo Provenzano. La parte più difficile è stata trattenere i miei uomini, ricordo che erano pronti a intervenire immediatamente. Feci l'ultimo breafing a pochi chilometri da Corleone in attesa dell'arrivo dei rinforzi e alle 11,21 entrammo in azione.quella squadra lo devo dire era composta da uomini coraggiosi, determinati che a costo di sacrifici anche personali hanno perseguito l'obiettivo".


Un racconto pieno ancora di emozione quello che il questore di Palermo ha regalato nel Chiostro di salita Manganelli, in occasione degli incontri letterari aperti alla città.
L'evento è stato moderato dal giornalista della "La Repubblica", Salvo Palazzolo ha visto la partecipazione del magistrato Marzia Sabella all'epoca facente parte del pool che si dedicò alla cattura del latitante.


"Dal punto di vista personale ricordo che non fosse un momento felice- esordisce Marzia Sabella- stavo perdendo mia madre invece dal punto di vista professionale ricordo un periodo carico ma bello dove si erano creati dei rapporti umani. Ho creduto che avessero arrestato Provenzano non appena sono stati ritrovati i pizzini. Io a differenza di Cortese non vedevo in Provenzano un volto quasi familiare per via degli anni di ricerca, io avevo una visione lombrosiana. Per me la certezza della cattura si è avuta con quei 200 pizzini nel vederli tutti insieme, era la concretizzazione del nostro lavoro".
E a proposito di metodo di lavoro la dott.ssa Sabella ha sottolineato:"Ricordo che arrivai nel luglio del 2001 e nella Procura c'era questo fascicolo su Provenzano che vagava fino a quando non venne assegnato al procuratore aggiunto  Pignatone e al pm Prestipino. Partimmo da un'informativa su Pino Lipari, la scrittura di una misura cautelare della quale mi occupai,  e da quel giorno  non lasciai più il pool, iniziammo a fare terra bruciata intorno agli uomini di Provenzano. Tra di noi magistrati c'era sintonia e avevamo piena fiducia nell'operato della polizia.Non si trattava in quegli anni di scegliere tra collusi e non, bisognava stare attenti, lavorare in silenzio bisognava scegliere la strada della riservatezza e ritengo che questa sia stata la mossa vincente".
La storia di questa cattura eccellente è stata raccontata nel libro "Il Codice di Provenzano" di Salvo Palazzolo e Michele Prestipino con prefazione del procuratore Giuseppe Pignatone. Da qui dopo un no iniziale come ha raccontato l'attore Vincenzo Pirrotta, ne è nata una piece teatrale chiamata "Bernardo Blues" e di cui un estratto è stato rappresentato nell'atrio settecentesco della questura.

"Mi convinsi dopo che Michele Prestipino che mi volle incontrare mi disse che l'obiettivo non era solo quello di ricostruire la ferocia di Provenzano bensì raccontarla alle future generazioni. Ecco io tutt'ora vado in giro per l'Italia incontrando tanti giovani e portando in scena l'arte e la storia. Il mio sogno, ma so che ciò non potrà avvenire, è che persone del calibro di Prestipino, Sabella, Pignatone e lo stesso Questore vengano con me a raccontare il loro impegno, io intanto vado avanti e cerco attraverso l'arte di andare  ovunque. Ho scelto il titolo "Binnu Blues" per un duplice motivo, il primo uso la musica per ridicolizzare questo personaggio e poi perché il Blues rappresenta il lamento di un popolo, lo stesso che ha per anni pervaso il popolo siciliano e che oggi invece è  libero".

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