Oggi è un’infrastruttura sociale e professionale senza la quale faticheremmo a immaginare la crescita del settore in Sicilia. In questi tre decenni abbiamo accompagnato cambiamenti profondi, economici, tecnologici e culturali, rimanendo sempre fedeli alla nostra missione: mettere al centro la persona che lavora e l’impresa che investe.»
Di fronte ad un turismo che cambia velocemente e con una domanda sempre più frammentata ed esigente, la scommessa è quella di coprire tutte le competenze necessarie ma anche cercare di allungare la stagionalità. Un lavoro da fare all’interno dell’Ente dove le associazioni datoriali e quelle sindacali siedono allo stesso tavolo.
«Il turismo è uno dei motori principali dell’economia siciliana – ha ricordato – ma resta un settore fragile, esposto alla stagionalità, ai cambiamenti dei flussi e alle crisi internazionali. Non basta più raccontare i numeri a consuntivo: dobbiamo essere in grado di anticipare i cambiamenti.»
Da qui la necessità della creazione di un Osservatorio con l’obiettivo di mettere a sistema i dati su flussi turistici, occupazione, tipologie di contratto, competenze richieste, andamento della stagionalità e bisogni formativi, in modo da offrire una fotografia continua e aggiornata del turismo in Sicilia. Uno strumento non solo descrittivo, ma operativo.
«Imprese e lavoratori – ha sottolineato il presidente – ci chiedono di essere un punto di riferimento. Avere dati affidabili e condivisi significa programmare meglio i corsi di formazione, sapere quali profili professionali serviranno tra uno, tre, cinque anni, capire dove intervenire con misure di sostegno nei periodi di bassa stagione, orientare le politiche pubbliche e il welfare bilaterale.»
Nel suo intervento, il presidente ha ricordato come il turismo siciliano stia cambiando: accanto alle grandi città d’arte e alle località balneari, crescono il turismo esperienziale, enogastronomico, slow e dei borghi, mentre i viaggiatori chiedono servizi più qualificati, sostenibilità e uso intelligente delle tecnologie digitali.
«Se vogliamo che la Sicilia resti competitiva nel Mediterraneo – ha aggiunto – dobbiamo conoscere bene dove stiamo andando: quali mercati crescono, quali segmenti si sviluppano, quali competenze mancano nelle nostre aziende. È qui che un Osservatorio condiviso tra parti sociali e istituzioni può fare la differenza.»

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